Introduzione al vol. 8

 

La guerra nel 1914 colse di sorpresa Freud, come tutti. Perché fino all'ultimo sembrava impossibile, e anche perché la falsa immagine che allora si aveva di una eventuale guerra era derivata dai ricordi di cinquantanni prima: brevi, pur se cruenti scontri di eserciti contrapposti, che non coinvolgevano le popolazioni civili, e che comunque si concludevano entro pochi mesi con la stipulazione di una pace. Questa avrebbe mutato alquanto l'assetto dei confini territoriali, lasciando tuttavia inalterato il modo di vivere degli uomini, e in definitiva anche i rapporti fra i popoli.

Freud non reagì all'annuncio della guerra diversamente dalla maggior parte della gente comune. Si lasciò prendere perfino dall'euforia, fu sensibile alla propaganda patriottica, credette nella bontà deìla causa del proprio paese e nella perfidia del nemico. In una lettera a Ferenczi del 23 agosto 1914 dichiarò: "Tutta la mia libido si riversa sugli austro-ungarici."

Quando, nello stesso agosto, il figlio maggiore Martin, e due mesi dopo il minore Ernst, si arruolarono volontari, all'attaccamento per la patria austriaca ritrovata (ad Abraham aveva scritto il 28 luglio che per la prima volta dopo trent'anni si sentiva austriaco), e per l'intero mondo tedesco, in cui era culturalmente radicato, si sovrappose la identificazione con i figli. Ma poi... tutto si sarebbe concluso assai presto, con la sconfitta della barbarie slava, della fatuità francese, e della protervia dell'Inghilterra.

Soltanto sul finire del 1914, quando svanì l'illusione di una rapida vittoria, Freud usci da questo stato d'animo e passò qualche settimana di grande depressione. Chiese ad Abraham di venire a confortarlo, e si rivolse pure, nel suo bisogno di appoggio morale, all'allieva Lou Andreas-Salomé, donna di grande fascino e di alte qualità intellettuali, amica di tutti i principali personaggi della cultura e dell'arte degli ultimi trent'anni. Si fece allora luce in Freud una riflessione critica, corroborata dai dati dell'esperienza psicoanalitica, che gli consentì di dare una valutazione obiettiva degli atteggiamenti degli uomini di fronte alla guerra. La lettera del 28 dicembre 1914, indirizzata a uno studioso olandese, il dottor Frederik van Eeden, e da questi pubblicata nel giornale De Amsterdammer, riflette questo mutamento.

Qualche mese più tardi Freud scrisse le Considerazioni attuali sulla guerra e la morte: due saggi, dal titolo La delusione della guerra (cioè la delusione arrecata all'umanità dalla guerra) e Il nostro modo di considerare la morte, che segnano il definitivo risveglio dalla infatuazione bellicistica.

È certo perturbante costatare come un uomo della levatura intellettuale e della esperienza psicologica di Freud, nel pieno vigore dell'età, abbia potuto lasciarsi travolgere, anche se per breve periodo, in un modo così banale dalla situazione emotiva suscitata dalla guerra. Per spiegare questo fatto va forse tenuto conto che la partecipazione alla universale ubriacatura patriottica, per una persona come lui — che aveva sempre sofferto di essere tenuto in quanto ebreo in una condizione di estraneità, se non di inferiorità, rispetto ai comuni cittadini austriaci — rappresentava finalmente il superamento del proprio stato separato.

Freud seppe comunque utilizzare questa esperienza sul piano del proprio lavoro scientifico. Non soltanto con gli scritti sulla guerra e la morte, a cui ora è stato accennato, ma anche per le grandi opere che comporrà dopo la conclusione della pace: Al di là del principio di piacere del 1920 e Psicologia delle masse e analisi dell'Io del 1921. Alla definizione di una pulsione di morte, agente silenziosamente in modo permanente accanto alle pulsioni libidiche, e all'esame delle trasformazioni subite dalla personalità individuale per effetto della aggregazione sociale, Freud fu indotto anche in base all'esperienza vissuta durante i primi mesi di guerra del 1914.

Egli continuò tuttavia ad augurarsi una vittoria degli Imperi centrali, anche se questa prospettiva, col trascorrere del tempo, si faceva sempre più problematica. Sperò pure che il conflitto non si estendesse ulteriormente. Nella primavera del 1915 si illuse che l'Austria, cedendo la provincia di Trento, potesse ottenere dall'Italia il mantenimento della neutralità. E il 15 marzo 1915 scrisse ad Abraham: "Se non potremo più, senza uscire dai confini, recarci a San Martino di Castrozza — dove era stato in vacanza due anni prima con lo stesso Abraham e con Ferenczi — potremo almeno andare a Carezza" (che l'Austria avrebbe dovuto mantenere). Parimenti Freud allontanava col pensiero l'idea di un intervento americano, che avrebbe significato, oltre: al resto, una ulteriore chiusura dei canali attraverso i quali si era no conservate le comunicazioni epistolari con gli amici rimasti in campo avversario.

Dopo che nel dicembre 1914 si erano prodotti il ritiro della libido investita nella causa patriottica e la conseguente fase depressiva e di lutto (conformemente a quanto verrà descritto qualche mese dopo in Lutto e melanconia), Freud riusci a reinvestire la stessa libido in una frenetica attività di lavoro produttivo. In ottobre aveva finito di scrivere il caso clinico dell'uomo dei lupi, e aveva inoltre curato la terza edizione dei Tre saggi sulla teoria sessuale. Ma altri sviluppi teorici urgevano già nella sua mente.

Il dicembre scrisse a Ferenczi che molte nuove idee gli erano venute, riguardanti argomenti disparati, come il problema della "scelta della nevrosi", quello delle fasi evolutive dell'Io e della regressione, e il punto di vista dinamico connesso al principio di piacere-dispiacere. Ferenczi giunse a Vienna ed ebbe con lui un colloquio. Subito dopo Freud scrisse ad Abraham (21 dicembre) comunicandogli le proprie riflessioni riguardanti anche altre questioni teoretiche, come i rapporti fra i sistemi della Coscienza e dell'Inconscio e la funzione esercitata dai residui verbali per il processo del divenire cosciente. Concluse dicendo che si sentiva ora in grado di comporre una trattazione teorica completa. Ciò sembra collegarsi al proposito di una "grande sintesi", comunicato fin dal 1911 in una lettera a Jung. Con la guerra il numero dei pazienti in cura era molto diminuito e Freud aveva perciò adesso più tempo disponibile per il lavoro scientifico. A incominciare dal 15 marzo 1915, oltre a comporre i due lavori sulla guerra e la morte di cui è stato detto, iniziò la stesura di dodici saggi che nel loro insieme avrebbero dovuto costituire questa sintesi teorica.

Freud aveva sempre aspirato a comporre un'opera di questo genere. In certo modo lo stesso Progetto del 1895, concepito come una sistemazione della psicologia su basi neurofisiologiche, corrispondeva a tale intenzione. Quell'opera non aveva potato essere portata a termine e fu ripudiata; tuttavia molti dei concetti in essa contenuti, spogliati dalla pretesa di stabilire una corrispondenza con dati neurofisiologici attendibili, si ritrovano nel capitolo 7 della Interpretazione dei sogni del 1899.

Sui problemi teorici della psicologia Freud era ritornato in misura limitata anche nel capitolo 6 del libro sul Motto di spirito (1905). Nell'anno stesso della lettera a Jung sopra citata, aveva pubblicato Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico (1911) e successivamente, prima in inglese e poi in tedesco, la Nota sull'inconscio in psicoanalisi (1912) e quindi la più impegnativa Introduzione al narcisismo (1914). Solo ora però si accinge a comporre quest'opera a carattere generale. Lo fa tuttavia attraverso una serie di saggi, evitando ancora un'unica trattazione globale.

Dalle lettere scritte ad Abraham, a Ferenczi, e anche a Jones, conosciamo la cronologia della composizione dei saggi metapsicologici. Dal 15 marzo al 4 aprile vengono scritti contemporaneamente Pulsioni e loro destini e La rimozione. Entro il 23 aprile è composto il più ampio lavoro sull'Inconscio. Nei giorni successivi sono completati il Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno e Lutto e melanconia.

Annunciando ad Abraham il 4 maggio di aver portato a termine questi primi cinque lavori, Freud gli comunica anche il titolo progettato per la raccolta: "Abhandlungen zur Vorbereitung der Metapsychologie" (Saggi preparatori per la metapsicologia). Quello che si deve intendere col termine "metapsicologia" — già usato nella corrispondenza con Fliess (lettere del 2 aprile 1896 e del 10 marzo 1898) e poi nella Psicopatologia della vita quotidiana (1901) p. 280 — era stato poco prima precisato nel lavoro su L'inconscio: l'analisi di un processo psichico "nei suoi rapporti dinamici, topici ed economici". Il 30 giugno Freud, scrivendo a Jones, abbrevia il titolo in "Zur Vorbereitung der Metapsychologie" (Preparazione alla metapsicologia). Il libro avrebbe dovuto essere pubblicato alla fine della guerra, che si riteneva prossima.

Freud intanto continuò a lavorare. Portò così a termine altri tre saggi su "l'angoscia", "la coscienza" e "l'isteria di conversione": quest'ultimo fu finito il 21 giugno (lettera a Ferenczi). Poi compose altri due studi sulla "nevrosi ossessiva" e una "Sintesi generale delle nevrosi di traslazione". Scrisse allora a Ferenczi (12 luglio) modificando il titolo della raccolta in "Ubersicht der Übertragungsneurosen" (Rassegna delle nevrosi di traslazione), in funzione del maggiore interesse che negli ultimi saggi veniva rivolto specificamente alla teoria delle nevrosi. Degli altri due saggi, completati ai primi di agosto (lettera a Ferenczi del 10 agosto) non si conoscono con esattezza i titoli. Si suppone però che riguardassero il processo di proiezione e quello di sublimazione.

Nello stesso 1915 furono dati alle stampe i primi tre lavori. Essi furono pubblicati nell'"Internationale Zeitschrift für ärztliche Psychoanalyse", che continuò a uscire durante la guerra (Freud si vantava di aver mantenuto in vita questa rivista internazionale, conservando anche la indicazione dei collaboratori stranieri appartenenti a nazioni in guerra con l'Austria). Il Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno e Lutto e melanconia furono pure pubblicati in quella rivista, ma soltanto nel 1917. In quello stesso anno Freud ribadi ad Abraham (lettera dell'11 novembre) l'intenzione di riunire tutti i saggi metapsicologici (editi e inediti) in un unico volume, ma aggiunse che non era quello il momento.

Freud sembrava riferirsi alle restrizioni esistenti per la mancanza di carta e per altre difficoltà connesse allo stato di guerra. Malgrado tali restrizioni egli riusci però a mantenere in vita due riviste, la "Internationale Zeitschrift", come si è detto, e "Imago", nonché a pubblicare nel 1916 e nel 1917 le Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, prima in fascicoli separati e poi in volume unico, e infine nel 1918 il grosso volume della quarta serie della Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre. Si può quindi sospettare che la mancata pubblicazione dei sette saggi metapsicologici sia stata dovuta ad altri motivi. Infatti, dopo la pubblicazione dei primi cinque, Freud purtroppo e inspiegabilmente, distrusse gli altri sette saggi, e non ne parlò più con alcuno.

Jones, nel raccontare più tardi questo episodio nella Vita e opere di Freud, osservò con stupore come neppure i collaboratori intimi di Freud, tenuti sempre al corrente della sua attività (Abraham, Ferenczi, Rank e lui stesso), abbiano mai chiesto a Freud notizia dei saggi andati perduti.

Si può ritenere che nel 1918, e cioè a tre anni dalla composizione, Freud non ne fosse più soddisfatto e si proponesse di rielaborare la materia secondo nuovi criteri. Gli studiosi del pensiero freudiano, data l'importanza del discorso teorico contenuto nei saggi di Meta- psicologia che ci sono rimasti, non si sono stancati di sottolineare la gravità di questa perdita.

Numerosi rimandi ai saggi andati perduti si trovano tuttavia nei cinque studi che ci sono rimasti; si può pertanto supporre che i concetti ivi sviluppati siano stati utilizzati anche in seguito, nelle opere teoretiche prodotte dopo la guerra.

Una traccia del progettato libro si ebbe con la pubblicazione nel 1924 del volume 5 delle Gesammelte Schriften. Il volume infatti contiene una sezione (pp. 431-553) dove sotto il titolo Metapsychologie sono riprodotti i cinque saggi del 1915 rimasti, ai quali viene premessa la Nota sull'inconscio in psicoanalisi del 1912. Un cenno all'inizio della sezione e una nota a pie di pagina del Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno (vedi oltre p. 89), precisano che i saggi dovevano originariamente far parte di una raccolta intitolata "Preparazione a una metapsicologia", il cui scopo era quello "di chiarire e approfondire le ipotesi teoriche che potrebbero esser poste a fondamento di un sistema psicoanalitico".

Nel corso del 1915 e a cavallo del 1916 Freud scrisse anche alcuni altri lavori. Fra questi hanno rilievo tre saggi di caratterologia dal titolo Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico. Freud aveva sempre pensato alla possibilità di costruire una caratterologia su basi psicoanalitiche; inoltre molti suoi scritti, ad esempio quelli raccolti sotto il comune titolo Contributi alla psicologia della vita amorosa (1910-17) sono anch'essi saggi di caratterologia. Ma la materia poco si prestava a una trattazione sistematica, e molto di più a una illustrazione di singoli tipi. Rientrano in questa specie di trattazione il lavoro del 1908 Carattere ed erotismo anale, a cui si collega anche il lavoro qui presentato sulle Trasformazioni pulsionali, particolarmente dell'erotismo anale, nonché altre osservazioni inserite nelle successive edizioni dei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) e in quasi tutte le storie cliniche.

In Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico Freud prende lo spunto da osservazioni effettuate nel corso del lavoro con i propri pazienti, ma procede poi a una descrizione dei vari tipi di carattere in modo indipendente. Inoltre le tre osservazioni sono molto diverse. Per le prime due, Le "eccezioni" e Coloro che soccombono al successo, Freud si riferisce a figure tratte dalla produzione letteraria e poetica, seguendo un metodo che gli è caratteristico — trattare le figure umane create dal genio artistico, come esseri viventi psicologicamente analizzabili — e di cui erano stati esempi il saggio sulla "Gradiva" di Jensen (1906), e quello sul Mosè di Michelangelo (1913). Le figure ora analizzate sono quelle di Riccardo III e di Lady Macbeth dei drammi di Shakespeare, e di Rebekka West del Rosmersholm di Ibsen. La terza osservazione esamina invece una situazione che si può frequentemente rintracciare in campo criminologico (oltre che in quello del comportamento infantile). Freud si era rivolto a Ferenczi (lettera del 26 novembre 1915) per chiedergli se anche a lui risultava che vi fossero casi di persone che erano state determinate a commettere azioni criminose, o comunque proibite, da un preesistente sentimento di colpa. Nel saggio è analizzato il meccanismo agente in queste situazioni, su cui Freud ritornerà più tardi nel quinto paragrafo di L'Io e l'Es (1922).

Nell'autunno del 1915 Freud aveva deciso di tenere un corso di lezioni all'università. Stava per compiere i sessant'anni, e pensava che questo sarebbe stato, come difatti fu, il suo ultimo corso universitario.

Le lezioni furono tenute nei semestri invernali 1915-16 e 1916-17, e avrebbero dovuto costituire una Introduzione alla psicoanalisi. In effetti Freud diede in queste lezioni un panorama abbastanza completo della dottrina psicoanalitica, quale fino allora era venuta costruendosi, anche se le lezioni erano destinate a un pubblico non specializzato di media cultura.

Le ventotto lezioni riproducono il testo esatto, si può dire stenografico, di questi due corsi e furono scritte o subito dopo essere state pronunciate, oppure in anticipo per essere dette a memoria. Esse costituiscono un modello di esposizione per la loro chiarezza, armonia e completezza. Del resto ogni volta che Freud, anche in base a una finzione, ha scritto qualche cosa, sotto forma di conferenza, lezione 0 conversazione, sempre ha raggiunto grande perfezione formale e chiarezza espositiva. Ciò è accaduto ad esempio nella nuova serie di sette lezioni che nel 1932 furono aggiunte a queste al fine di integrare, e rettificare in alcuni punti, la prima grande sintesi della dottrina psicoanalitica.

Fin dalla loro pubblicazione in tempo di guerra, queste lezioni (le Vorlesungen di Freud, per antonomasia) ebbero, là dove poterono circolare, notevole successo, contribuendo fortemente al diverso atteggiamento che l'opinione pubblica cominciò ad assumere verso la psicoanalisi in quegli anni.

Si può pensare che l'attività didattica di quei due inverni di guerra abbia rappresentato per Freud un compenso alla forzata riduzione dei suoi rapporti con colleghi ed amici. Infatti, ovviamente, con coloro che si trovavano all'estero le comunicazioni erano divenute molto difficili: specialmente con chi, come Jones, si trovava in un paese in guerra con gli Imperi centrali. Freud e Jones riuscirono tuttavia a comunicare egualmente per tutta la durata della guerra, attraverso intermediari residenti in paesi neutrali.

Ma anche con coloro che vivevano in Germania, in Austria e nella stessa Vienna, i rapporti si diradarono.

La Società psicoanalitica di Vienna, che aveva interrotto le proprie riunioni allo scoppio della guerra, le aveva in seguito riprese. Ma pochi potevano parteciparvi.

Con Abraham, che era stato mobilitato in Germania e che dirigeva un ospedale, Freud potè avere soltanto comunicazioni epistolari.

Ferenczi, affetto da gravi disturbi nevrotici, venne a Vienna alla fine del settembre 1915, per sottoporsi a un trattamento analitico presso Freud, ma dopo tre settimane dovette interromperlo perché fu chiamato sotto le armi. Riusci egualmente a fare qualche rara visita a Freud, e nel giugno del 1916 potè trascorrere altre tre settimane a Vienna. Le sedute di analisi furono allora riprese in modo intensivo, per due ore al giorno. Questa analisi, condotta in un modo tanto singolare e per un tempo così limitato, ha determinato in seguito lamentele verso Freud da parte di Ferenczi. Freud, più di vent'anni dopo, se ne occupò in Analisi terminabile e interminabile (1937).

Fino a tutto il 1915 Otto Rank, che svolgeva attività giornalistica, rimase a Vienna, ma all'inizio del 1916 fu trasferito a Cracovia. Cosi, vicino a Freud rimase soltanto Hanns Sachs, che gli fu di grande aiuto.

In estate Freud era abituato a trascorrere un periodo di villeggiatura lontano da Vienna. Negli ultimi anni veniva preferibilmente nelle località dolomitiche dell'Alto Adige. Nel 1914 avrebbe dovuto recarsi a Siusi, ma fu costretto a rinunciarvi per la guerra, e passò soltanto qualche giorno presso Karlsbad. Nel 1915 trascorse un periodo a Berchtesgaden e ancora a Karlsbad. Nel 1916 andò invece a Gastein e poi a Salisburgo. In seguito le cose divennero sempre più complicate per le difficoltà alimentari. Nel 1917 Ferenczi riusci tuttavia a organizzare per la famiglia Freud una villeggiatura sui monti Tatra, in una regione slovacca facente parte dell'Ungheria, dove lo stesso Ferenczi potè fermarsi per due settimane e Hanns Sachs per tre. Pure Eitingon e Rank fecero una breve visita a Freud. Anche nel içi8 Freud si recò sui Tatra.

Durante gli ultimi anni di guerra le condizioni di vita a Vienna si erano fatte sempre più difficili, mentre nei territori ungheresi si stava meglio. Anzi Ferenczi e un ricco signore di Budapest che Freud aveva avuto in cura, Anton von Freund, si adoperarono, finché fu possibile, per far giungere viveri alla famiglia Freud.

Von Freund era gravemente ammalato; prevedendo la propria fine fece una grossa donazione a Freud, affinché egli, per le pubblicazioni psicoanalitiche, potesse rendersi indipendente dagli editori. Furono così poste le basi economiche per la costituzione di una Casa editrice, l'"Internationaler psychoanalytischer Verlag", che operò durante tutto il periodo fra le due guerre.

Pareva dunque che mentre la situazione si faceva sempre più pesante a Vienna, Budapest e l'Ungheria rappresentassero qualche cosa su cui si poteva contare per sopravvivere. Verso la fine della guerra, poco prima della catastrofe, si verificò addirittura quello strano fatto che fu il quinto Congresso internazionale di psicoanalisi a Budapest.

Cancellato nel 1914, per lo scoppio della guerra, il Congresso che avrebbe dovuto tenersi a Dresda il 20 settembre, Abraham si era illuso di poterne organizzare un altro nel settembre 1916 a Monaco. In quell'epoca fu però chiusa la frontiera fra l'Austria e la Germania e si dovette quindi rinunciare.

Nel 1918, malgrado l'aggravarsi della situazione generale, si presentò la nuova occasione. Negli ultimi anni di guerra, in Germania e in Austria-Ungheria (come del resto anche nei paesi dell'opposto schieramento) si era imposto l'importante problema sanitario delle nevrosi traumatiche che insorgevano frequentemente nei militari combattenti. Ciò fece si che i medici e gli psichiatri rivolgessero il loro interesse alle dottrine della psicoanalisi.

In realtà le nevrosi di guerra richiamavano piuttosto la vecchia dottrina catartica di Breuer, fondata appunto sulla ricerca di episodi traumatici dimenticati, e sul tentativo di renderli coscienti. La psicoanalisi, nello studio delle comuni psiconevrosi, aveva superato quell'antico punto di vista. Accadde tuttavia che l'interesse suscitato dalle nevrosi di guerra — anche in seguito alla pubblicazione, nel 1918 a Monaco, del libro di Simmel ad esse dedicato Kriegsneurosen und "Psychisches Trauma", nonché alla attività psicoterapeutica esercitata in questo campo, in Germania e in Ungheria, da Abraham, Eitingon e Ferenczi — rendesse comunque scientificamente attuale l'elaborazione psicoanalitica nel suo insieme. Concorse a determinare questo stato di cose anche la pubblicazione dell'Introduzione alla psicoanalisi di Freud che, come abbiamo detto, ebbe subito ampia diffusione e risonanza. Le stesse autorità, specialmente ungheresi, nel fermento che preludeva alle radicali trasformazioni politico-sociali che si sarebbero verificate di li a poche settimane, si interessarono alla psicoanalisi, e favorirono la convocazione a Budapest di un Congresso internazionale, che si tenne il 28 e 29 settembre, con la rappresentanza ufficiale dei governi di Ungheria, Austria e Germania.

Al Congresso si parlò molto delle nevrosi di guerra, ma vi furono anche molti festeggiamenti e prevalse una atmosfera euforica, la quale stranamente contrastava con l'imminente sconfìtta e la completa disgregazione dell'Austria-Ungheria. Freud tenne una relazione sulle Vie della terapia psicoanalitica, in cui trattò il problema del dosaggio delle frustrazioni durante il trattamento.

Al Congresso di Budapest parteciparono quarantadue persone, di cui due olandesi, tre tedeschi, e gli altri austriaci o ungheresi. Intervennero anche, come invitati, alcuni membri della famiglia Freud: oltre alla figlia Anna, già avviata a un'attività in campo psicoanalitico, la moglie e il figlio minore Ernst.

Quest'ultimo aveva combattuto sul fronte russo e sul Carso. Era stato poi sul fronte trentino, a Lavarone (dove in passato la famiglia Freud aveva trascorso diverse estati in villeggiatura), e aveva preso parte alla offensiva sugli altopiani della primavera 1916. In seguito si era ammalato, e si trovava attualmente in un sanatorio ungherese, ciò che gli consentì appunto di partecipare al Congresso di Budapest. Pure il tìglio maggiore di Freud, Martin, dopo essere stato per lungo tempo in Galizia, fu trasferito sul fronte italiano, dove prese parte alla battaglia di Caporetto e a quella del Piave, e dove fu fatto prigioniero dopo Vittorio Veneto, per cui tornò a casa soltanto nell'estate 1919. Il secondogenito Oliver fece invece l'ingegnere fino a tutto il 1916. Quindi si arruolò nell'esercito, e prestò servizio nel Genio senza correre soverchi pericoli.

Freud riuscì dunque a superare il periodo di guerra senza essere colpito nei suoi più stretti affetti familiari. Ma negli ultimi mesi del 1918 vide crollare tutto il mondo in cui aveva vissuto, e nei cui confronti era molto ambivalente. E passò un nuovo periodo di depressione, prima di recuperare le proprie energie e il proprio slancio creativo per le grandi opere degli anni venti.